Riporto di seguito un articolo molto importante apparso su
"Le Scienze"
Quando, 143 anni fa, Charles Darwin introdusse la teoria
dell'evoluzione attraverso la selezione naturale, gli scienziati dell'epoca
discussero ferocemente su di essa, ma le prove che si andavano accumulando da
campi come la paleontologia, la genetica, la zoologia, la biologia molecolare,
portarono gradualmente a stabilire la verità dell'evoluzione al di là di ogni
ragionevole dubbio. Oggi quella battaglia è stata vinta ovunque, tranne che
nell'immaginario collettivo.
E' imbarazzante, ma nel XXI secolo, nella nazione
scientificamente più avanzata del mondo i creazionisti possono ancora
convincere politici, giudici e cittadini comuni che l'evoluzione è una fantasia
fallace e non dimostrata, battendosi perché idee creazioniste come quella del
“disegno intelligente” siano insegnate nelle aule di scienze come alternative
all'evoluzione. Proprio mentre scrivo, il Board of Education dell'Ohio sta
discutendo ancora una volta se introdurre un simile cambiamento. Alcuni
anti-evoluzionisti, come Philip E. Johnson, un professore di diritto
dell'Università della California a Berkeley e autore di Darwin on Trial,
ammettono di voler usare la teoria del disegno intelligente come un “cuneo” per
riaprire la discussione su Dio nelle aule di scienze.
Assediati, gli insegnanti - e non solo loro - possono
trovarsi sempre più spesso a difendere l'evoluzione e confutare il
creazionismo. Gli argomenti che usano i creazionisti sono in genere speciosi e
fondati su fraintendimenti (o addirittura bugie) sull'evoluzione, ma il numero
e la diversità delle obiezioni possono mettere in difficoltà anche persone ben
informate.
Per aiutare a rispondere, ecco una lista che confuta alcuni
dei più comuni argomenti “scientifici”
contro l'evoluzione. Può anche aiutare i lettori a trovare ulteriori
fonti di informazioni e e spiega perché la scienza creazionista non ha posto
nelle aule.
Quindici risposte al nonsenso creazionista
La famosa caricatura di Charles Darwin ritratto come una scimmia pubblicata nel 1871 sulla rivista "The Hornet". (© GraphicaArtis/Corbis) |
1. L'evoluzione è solo una teoria. Non è un fatto o una
legge scientifica.
Molte persone hanno imparato alle elementari che una teoria
cade nel bel mezzo di una gerarchia di certezze: è al di sopra sopra di una
mera ipotesi, ma al di sotto di una legge. Gli scienziati, però, non usano i termini
in questo modo. Secondo la National Academy of Sciences (NAS), una teoria
scientifica è “una spiegazione ben motivata di alcuni aspetti del mondo
naturale che può incorporare fatti, leggi, inferenze e ipotesi testate”. Per
quanto convalidata, nessuna teoria diventa una legge, che è una
generalizzazione descrittiva della natura. Così, quando gli scienziati parlano
di teoria dell'evoluzione - o di teoria atomica o di teoria della relatività -
non stanno esprimendo delle riserve sulla sua verità.
Oltre che di teoria dell'evoluzione, cioè dell'idea di una
discendenza modificata, si può anche parlare del fatto evoluzione. La NAS
definisce un fatto come “un'osservazione che è stata più volte confermata ed è
accettata come 'vera' a tutti gli effetti pratici”. I reperti fossili e molte
altre prove testimoniano che gli organismi si sono evoluti nel tempo. Anche se
nessuno ha osservato queste trasformazioni, la prova indiretta è chiara,
univoca e convincente.
Tutte le scienze si basano spesso su prove indirette. I
fisici, per esempio, non possono vedere direttamente le particelle subatomiche
e ne verificano l'esistenza guardando le tracce rivelatrici che lasciano nelle
camere a nebbia. L'assenza di osservazioni dirette non rende le conclusioni dei
fisici meno certe.
2. La selezione naturale si basa su un ragionamento
circolare: i più forti sono quelli che sopravvivono, e quelli che sopravvivono
sono considerati più adatti.
"La sopravvivenza del più adatto" è un modo
colloquiale per descrivere la selezione naturale, ma una descrizione più
tecnica parla di percentuali differenziate di sopravvivenza e riproduzione.
Invece di etichettare le specie come più o meno adatte, insomma, si può
descrivere in che modo è più probabile lasciare molti figli in determinate circostanze.
Mettete su un isola ricca di semi una coppia di fringuelli dal becco piccolo,
che impiegano poco tempo ad allevare i pulcini, e una copia di fringuelli dal
becco grosso, che li alleva più a lungo. Nel giro di poche generazioni i
fringuelli “più veloci” possono controllare più risorse alimentari. Anche se
quelli dai becchi grandi schiacciano più facilmente i semi, il vantaggio è
annullato dall'allevamento più lento. In uno studio pionieristico sui
fringuelli delle isole Galapagos, Peter R. Grant della Princeton University ha
osservato questo tipo di cambiamenti nelle popolazioni naturali.
La chiave è che il fitness adattativo può essere definito
senza fare riferimento alla sopravvivenza: i becchi grandi sono più adatti a
frantumare semi, indipendentemente dal fatto che in determinate circostanze
quel tratto abbia un valore di sopravvivenza.
3. L'evoluzione non è scientifica, perché non è verificabile
o falsificabile. Fa affermazioni su eventi che non sono stati osservati e che
non possono essere ricreati.
Questo rifiuto complessivo dell'evoluzione ignora importanti
distinzioni che dividono il campo in almeno due grandi settori: la
microevoluzione e la macroevoluzione. La microevoluzione guarda i cambiamenti
all'interno delle specie nel corso del tempo, le modifiche che potrebbero
preludere alla speciazione, l'origine di nuove specie. La macroevoluzione studia come cambiano i gruppi
tassonomici al di sopra del livello della specie. I suoi dati provengono spesso
dai confronti fra reperti fossili e DNA per ricostruire come possono essere
correlati fra loro i vari organismi.
Un fringuello delle Galapagos (© Rich Reid/National Geographic Creative/Corbis) |
Oggi anche la maggior parte dei creazionisti riconosce che
la microevoluzione è stata confermata da test di laboratorio (come negli studi
su cellule, piante e moscerini della frutta) e sul campo (come negli studi di
Grant sull'evoluzione delle forme del becco tra i fringuelli delle Galápagos).
Nel corso del tempo la selezione naturale e altri meccanismi - come i
cambiamenti cromosomici, la simbiosi e l'ibridazione - possono indurre profondi
cambiamenti nelle popolazioni.
La natura storica degli studi macroevolutivi comporta l'uso
di inferenze a partire da fossili e DNA, e non l'osservazione diretta. Eppure,
nelle scienze storiche (che includono l'astronomia, la geologia e
l'archeologia, oltre alla biologia evolutiva), è ancora possibile testare le
ipotesi per verificare se si accordano con le prove fisiche e se conducono a
previsioni verificabili sulle scoperte future. Per esempio, l'evoluzione
implica che tra i primi antenati conosciuti degli esseri umani (circa cinque
milioni di anni fa) e la comparsa degli esseri umani anatomicamente moderni
(circa 100.000 anni fa), dovrebbe esserci una serie di ominidi con
caratteristiche sempre meno simili a quelle delle grandi scimmie e sempre più
moderne, che è proprio ciò che mostra la documentazione fossile. Inoltre non si
dovrebbero trovare – e non si trovano –
fossili di umani moderni incastonati negli strati del periodo Giurassico (144
milioni di anni fa). La biologia evoluzionistica fa abitualmente previsioni
molto più raffinate e precise di queste, e i ricercatori le controllano in
continuazione.
L'evoluzione potrebbe essere confutata anche in altri modi.
Se potessimo documentare la generazione spontanea di una sola complessa forma
di vita dalla materia inanimata, allora almeno alcune delle creature che
vediamo nei reperti fossili potrebbero aver avuto origine in questo modo. Se
apparissero degli alieni superintelligenti che si attribuissero il merito di
aver creato la vita sulla terra (o anche di alcune particolari specie), la
spiegazione puramente evolutiva sarebbe messa in dubbio. Ma nessuno ha ancora
prodotto una simile prova.
Va notato che l'idea di falsificabilità come caratteristica
definitoria della scienza è stata formulata dal filosofo Karl Popper negli anni
trenta del secolo scorso. Elaborazioni più recenti del suo pensiero hanno
addolcito l'interpretazione più rigida del suo principio proprio perché
eliminerebbe troppi settori di ricerca chiaramente scientifica.
4. Sempre più spesso, gli scienziati dubitano della verità
dell'evoluzione.
Non c'è alcuna prova che l'evoluzione stia perdendo
sostenitori. Prendete qualsiasi numero di una rivista di biologia sottoposta a
revisione fra pari, e troverete articoli che sostengono e ampliano gli studi
evolutivi o che abbracciano l'evoluzione come concetto fondamentale.
Fossile di Archaeopteryx. (© Louie Psihoyos/CORBIS) |
Al contrario, non esistono pubblicazioni scientifiche che
contestino l'evoluzione. A metà degli anni novanta, George W. Gilchrist della
University of Washington consultò migliaia di riviste del settore cercando
articoli sul disegno intelligente o sulla scienza della creazione.Tra centinaia
di migliaia di articoli scientifici, non ne trovò nessuno. Negli ultimi due
anni, le indagini effettuate in modo indipendente da Barbara Forrest della
Southeastern Louisiana University e da Lawrence M. Krauss della Case Western
Reserve University sono state anch'esse senza risultato.
I creazionisti replicano che una comunità scientifica dalla
mentalità chiusa rifiuta la loro testimonianza. Eppure, secondo gli editori di
“Nature”, “Science” e altre importanti riviste, sono ben pochi i manoscritti
antievoluzionistici che sono stati sottoposti alle loro redazioni. Alcuni
autori antievoluzionisti hanno pubblicato articoli su riviste serie. Quegli
articoli, tuttavia, raramente attaccano direttamente l'evoluzione o avanzano
argomenti creazionisti; nella migliore delle ipotesi, identificano alcuni
problemi evolutivi come irrisolti e difficili (cosa che nessuno contesta). In
breve, i creazionisti non stanno dando alla comunità scientifica alcuna buona
ragione per essere presi sul serio.
5. I disaccordi tra i biologi evoluzionisti mostrano la scarsa
solidità scientifica dell'evoluzione.
I biologi evoluzionisti discutono appassionatamente su
diversi argomenti: come avviene la speciazione, i tassi del cambiamento
evolutivo, i rapporti ancestrali fra uccelli e dinosauri, se i Neanderthal
fossero una specie ben distinta dagli esseri umani moderni, e molto altro
ancora. Queste dispute sono simili a quelle che si verificano in tutte le altre
branche della scienza. Tuttavia, in biologia l'accettazione dell'evoluzione
come un dato di fatto e come principio guida è universale.
Purtroppo, creazionisti disonesti hanno mostrato di astrarre
dal contesto i discorsi degli scienziati per esagerare e distorcere le
divergenze. Chiunque abbia familiarità con le opere del paleontologo Stephen
Jay Gould sa che, oltre a essere
coautore del modello degli equilibri punteggiati, Gould è stato uno dei
difensori più eloquenti e puntuali dell'evoluzione. (L'ipotesi degli equilibri
punteggiati spiega la distribuzione temporale della documentazione fossile,
suggerendo che la maggior parte dei cambiamenti evolutivi si verifica nell'arco
di periodi geologicamente brevi, che possono comunque corrispondere a centinaia
di generazioni). Eppure ai creazionisti piace estrarre frasi dalla ponderosa
opera di Gould per far sembrare che avesse dei dubbi sull'evoluzione, e
presentano gli equilibri punteggiati come se permettessero la materializzazione
di nuove specie durante la notte o la nascita degli uccelli da uova di rettile.
Di fronte a una citazione di un'autorità scientifica che
sembra mettere in discussione l'evoluzione, insistete per vedere la
dichiarazione nel suo contesto. Quasi sempre, l'attacco all'evoluzione si
rivelerà illusorio.
6. Se gli esseri umani discendono dalle scimmie, perché ci
sono ancora le scimmie?
Questo argomento sorprendentemente comune riflette diversi
livelli di ignoranza sull'evoluzione. Il primo errore è che l'evoluzione non
insegna che l'uomo discende dalla scimmia; afferma che entrambi hanno un
antenato comune.
L'errore più profondo è che questa obiezione equivale a
chiedere: “Se i bambini discendevano dagli adulti, perché ci sono ancora
adulti?” Le nuove specie si evolvono per suddivisione da quelle già esistenti,
quando popolazioni di organismi restano isolate dal ramo principale della loro
famiglia e acquisiscono differenze sufficienti a rimanere distinte per sempre.
Le specie parentali possono poi sopravvivere indefinitamente, o estinguersi.
7. L'evoluzione non può spiegare come è apparsa la vita
sulla Terra.
L'origine della vita rimane un mistero, ma i biochimici
hanno imparato molto su come si possono essere formati acidi nucleici,
amminoacidi e altri elementi primigeni alla base della vita e come si sono
organizzati in unità auto-replicanti e autosufficienti, gettando le basi della
biochimica cellulare. Le analisi astrochimiche suggeriscono che un bel po' di
questi composti potrebbe aver avuto origine nello spazio per poi cadere sulla
Terra con le comete, uno scenario che può risolvere il problema di come questi
componenti abbiano fatto la loro comparsa nelle condizioni che prevalevano
quando il nostro pianeta era giovane.
Il vibrione del colera è dotato di un lungo flagello di notevole complessità strutturale. (© Scientifica/RMF/Visuals Unlimited/Corbis) |
A volte i creazionisti cercano di invalidare tutta
l'evoluzione additando l'incapacità della scienza attuale di spiegare l'origine
della vita. Ma anche se si scoprisse che la vita sulla Terra non ha avuto
un'origine di tipo evoluzionistico (per esempio, se gli alieni avessero
introdotto le prime cellule miliardi di anni fa), l'evoluzione da allora in poi
sarebbe comunque robustamente confermata
da innumerevoli studi microevolutivi e macroevolutivi.
8. Matematicamente, è inconcepibile che una cosa complessa come
una proteina, per non parlare di una cellula vivente o di un essere umano,
possa sorgere per caso.
Il caso ha un ruolo nell'evoluzione (per esempio, nelle
mutazioni casuali che possono dare origine a nuovi tratti), ma l'evoluzione non
dipende dal caso nel creare organismi, proteine o altre entità. Al contrario:
la selezione naturale, il principale meccanismo noto dell'evoluzione, sfrutta
il cambiamento non casuale conservando le caratteristiche
"desiderabili" (adattative) e eliminare quelle “indesiderabili” (non
adattative). Finché le forze di selezione rimangono costanti, la selezione
naturale può spingere l'evoluzione in una direzione e produrre strutture
sofisticate in tempi sorprendentemente brevi.
Come analogia, si consideri la sequenza di 13 lettere
"TOBEORNOTTOBE." Un ipotetico milione di scimmie che sfornano
ciascuna una frase al secondo, potrebbe impiegare fino a 78.800 anni per
trovarla tra le 2613 sequenze di quella lunghezza. Ma negli anni ottanta
Richard Hardison del Glendale College ha scritto un software per generato frasi
a caso, che però preservava le posizioni delle singole lettere che si trovavano
nella posizione corretta (selezionando di fatto frasi sempre più simili a
quella di Amleto). In media, il programma di ricreava la frase con sole 336
iterazioni, in meno di 90 secondi. Cosa ancora più sorprendente, si potrebbe
ricostruire tutta la tragedia di Shakespeare in soli quattro giorni e mezzo.
9. La seconda legge della termodinamica afferma che nel
corso del tempo i sistemi devono diventare più disordinati. Le cellule viventi,
pertanto, non potevano evolvere da sostanze chimiche inanimate, e la vita
pluricellulare non poteva evolvere dai protozoi.
L'albero della vita, come fu disegnato nel 1866 dal biologo E. H. Haeckel, attivo propugnatore della teoria darwiniana (© Michael Nicholson/Corbis) |
Questo argomento deriva da un fraintendimento della seconda
legge della termodinamica. Se fosse valida in questi termini, sarebbero
impossibili anche i cristalli di minerali e i fiocchi di neve, perché anch'essi
sono strutture complesse che si formano spontaneamente da parti disordinate.
La seconda legge in realtà afferma che l'entropia totale di
un sistema chiuso (un sistema in cui non entra né esce alcuna energia o
materia) non può diminuire. L'entropia è un concetto fisico che spesso è
informalmente descritto come disordine, ma differisce notevolmente dall'uso
comune della parola.
Cosa più importante, la seconda legge consente che in alcune
parti di un sistema l'entropia diminuisca purché in altre parti si abbia un
aumento di compensazione. Così, il nostro pianeta nel suo insieme può diventare
più complesso perché il Sole riversa calore e luce su di esso, e la maggior
entropia associata alla fusione nucleare nel Sole riequilibra la bilancia. Gli
organismi semplici possono alimentare la loro ascesa verso la complessità
grazie al consumo di altre forme di vita e di materiali non viventi.
10. Le mutazioni sono essenziali per la teoria
dell'evoluzione, ma le mutazioni possono solo eliminare i tratti. Non possono
produrre nuove funzionalità.
Al contrario, la biologia ha catalogato molti tratti
prodotti da mutazioni puntiformi (variazioni nelle posizioni precise nel DNA di
un organismo), per esempio la resistenza batterica agli antibiotici.
Le mutazioni che insorgono nella famiglia dei geni homeobox
(Hox) che regolano lo sviluppo negli animali possono anche avere effetti
complessi. I geni Hox stabiliscono dove dovrebbero crescere gambe, ali, antenne
e gli altri segmenti del corpo. Nei
moscerini della frutta, per esempio, la mutazione chiamata Antennapedia fa
spuntare le zampe dove dovrebbero crescere le antenne. Questi arti anormali non
sono funzionali, ma la loro esistenza dimostra che gli errori genetici sono in
grado di produrre strutture complesse, che la selezione naturale può poi
vagliare per possibili usi.
Inoltre, la biologia molecolare ha scoperto meccanismi di
cambiamento genetico che vanno al di là delle mutazioni puntiformi, e che
espandono i modi in cui possono apparire nuovi tratti. I moduli funzionali
all'interno di geni possono essere rimescolati tra loro in modi nuovi. Interi
geni possono essere accidentalmente duplicati nel DNA di un organismo, e questi
duplicati sono liberi di mutare in geni per nuove funzionalità complesse. Il
confronto tra il DNA di una vasta gamma di organismi indica che questo è il
modo in cui, nel corso di milioni di
anni si sono evolute le globine, una famiglia di proteine del sangue.
11. La selezione naturale potrebbe spiegare la
microevoluzione, ma non può spiegare l'origine di nuove specie e gli ordini
superiori della vita.
I biologi evoluzionisti hanno scritto molto su come la
selezione naturale potrebbe produrre nuove specie. Per esempio, nel modello
della cosiddetta speciazione allopatrica, sviluppato da Ernst Mayr della
Harvard University, se una popolazione di organismi è stata isolata dal resto
della sua specie da delimitazioni geografiche, potrebbe essere sottoposta
a pressioni selettive diverse. I
cambiamenti potrebbero accumularsi nella popolazione isolata. Se questi
cambiamenti diventano così significativi che il gruppo separato non può più
incrociarsi con il ceppo originario, o quanto meno non lo fa più di routine,
allora il gruppo separato sarebbe riproduttivamente isolato e sulla sua strada
per diventare una nuova specie.
La selezione naturale è il meccanismo evolutivo più
studiato, ma i biologi sono aperti anche ad altre possibilità. Continuano
infatti a valutare la possibilità che meccanismi genetici inusuali abbiano
causato la speciazione o prodotto funzioni complesse negli organismi. Lynn
Margulis e altri hanno sostenuto in modo convincente che alcuni organelli
cellulari, come i mitocondri che generano energia, si siano evoluti attraverso
la fusione simbiotica di antichi organismi. Così, la scienza accoglie con
favore la possibilità di una evoluzione derivante da forze che sfuggono alla
selezione naturale. Ma quelle forze devono essere naturali; non possono essere
attribuite all'azione di misteriose intelligenze creative, la cui esistenza, in
termini scientifici, è indimostrata.
Il Museo del Creazionismo a San Diego (© Brian Cahn/ZUMA Press/Corbis) |
12. Nessuno ha mai visto evolvere una nuova specie.
La speciazione è probabilmente un fenomeno abbastanza raro e
in molti casi potrebbe richiedere secoli. Inoltre, riconoscere una nuova specie
durante una sua fase di formazione può essere difficile, perché i biologi a
volte non sono d'accordo sul modo migliore per definire una specie. La
definizione più diffusa, il concetto di specie biologica di Mayr, riconosce una
specie come una comunità distinta di popolazioni riproduttivamente isolate,
insiemi di organismi che normalmente non si riproducono o o che non possono
riprodursi al di fuori della loro comunità. In pratica, questo standard può
essere difficile da applicare agli organismi isolati dalla distanza o da
barriere geografiche o alle piante (e, naturalmente, i fossili non si
riproducono). I biologi quindi di solito usano i tratti fisici e
comportamentali degli organismi come indizi per la loro appartenenza a una
specie.
Tuttavia, la letteratura scientifica contiene segnalazioni
di eventi di speciazione relativi a piante, insetti e vermi. Nella maggior
parte di questi esperimenti, i ricercatori hanno sottoposto gli organismi a
vari tipi di selezione - per differenze anatomiche, comportamenti di
accoppiamento, preferenze di habitat e altri tratti - e scoperto di aver creato
popolazioni di organismi che non si incrociano con gli estranei. Per esempio,
William R. Rice dell'Università del New Mexico e George W. Sale dell'Università
della California a Davis hanno dimostrato che, scegliendo in un gruppo di
moscerini della frutta quelli che hanno una preferenza per determinati ambienti
e allevandoli separatamente dagli altri per oltre 35 generazioni, la linea di
moscerini che si ottiene si rifiuta di incrociarsi con quelli provenienti da un
ambiente molto diverso.
13. Gli evoluzionisti non possono indicare alcun fossile di
transizione, ossia di creature che sono, per esempio, metà rettile e metà
uccello.
In realtà, i paleontologi conoscono tanti esempi specifici
di fossili di forma intermedia tra i vari gruppi tassonomici. Uno dei più
famosi fossili di tutti i tempi è l'Archaeopteryx, che combina le piume e le
strutture scheletriche proprie di uccelli con caratteristiche dei dinosauri. E'
stata trovata anche una moltitudine di altre specie fossili piumati, alcune più
aviarie altre meno. E una sequenza di fossili ripercorre l'evoluzione dei
cavalli moderni dal piccolo Eohippus. Le balene avevano antenati a quattro
zampe che camminavano sulla terraferma, e le creature conosciute come
Ambulocetus e Rodhocetus hanno contribuito a ricostruire questa transizione. Le
conchiglie fossili tracciano l'evoluzione di diversi molluschi attraverso
milioni di anni. E forse più di 20 ominidi (non tutti nostri antenati) colmano
il divario tra l'australopiteca Lucy e gli esseri umani moderni.
I creazionisti, però, respingono questi studi fossili.
Sostengono che l'Archaeopteryx non è un anello mancante tra rettili e uccelli,
ma solo un uccello estinto con caratteristiche da rettile. Gli evoluzionisti
vorrebbero creare uno strano mostro chimerico che non può essere classificato
come appartenente ad alcun gruppo conosciuto. Ma anche se un creazionista
accettasse un fossile di transizione tra due specie, poi insisterebbe per
vedere altri fossili intermedi tra questo e gli altri due. Simili richieste
frustranti possono continuare all'infinito e gravare in modo eccessivo sulle
serie di reperti fossili, che sono sempre incomplete.
Tuttavia, gli evoluzionisti possono citare a loro sostegno
ulteriori prove tratte dalla biologia molecolare. Tutti gli organismi
condividono la maggior parte degli stessi geni ma, come predice l'evoluzione,
le strutture di questi geni e dei loro prodotti divergono tra le specie in
linea con le loro relazioni evolutive. I genetisti parlano di "orologio
molecolare" che registra il passaggio del tempo. Questi dati molecolari
mostrano anche come vari organismi sono di transizione nel quadro
dell'evoluzione.
14. Gli esseri viventi hanno caratteristiche incredibilmente
articolate – a livello sia anatomico sia cellulare e molecolare - che non
potrebbero funzionare se fossero meno complesse o sofisticate. L'unica
conclusione prudente è che siano i prodotti di un disegno intelligente, non
dell'evoluzione.
Questo "argomento del disegno" è la spina dorsale
della maggior parte degli attacchi recenti all'evoluzione, ma è anche uno dei
più antichi. Nel 1802 il teologo William Paley scrisse che se si trova un
orologio da tasca in un campo, la conclusione più ragionevole è che qualcuno lo
ha lasciato cadere, non che le forze naturali lo abbiano creato lì. Per
analogia - sosteneva Paley - le strutture complesse delle cose viventi devono
essere l'opera di un intervento divino diretto. Darwin scrisse L'origine delle
specie come risposta a Paley, spiegando come le forze naturali della selezione,
agendo sulle caratteristiche ereditate, possano gradualmente modellare
l'evoluzione di strutture organiche molto articolate.
Generazioni di creazionisti hanno cercato di contrastare
Darwin citando l'esempio degli occhi come una struttura che non avrebbe potuto
evolversi. La capacità dell'occhio di fornire una visione dipende dalla
perfetta organizzazione delle sue parti, dicono questi critici. La selezione
naturale non potrebbe quindi favorire le forme di transizione necessarie nel
corso dell'evoluzione dell'occhio: a che serve un mezzo occhio? Anticipando
queste critiche, Darwin suggerì che anche occhi "incompleti" possono
conferire dei benefici (per esempio, aiutare le creature a orientarsi verso la
luce) e quindi sopravvivono per un ulteriore affinamento evolutivo. La biologia
ha dato ragione a Darwin: i ricercatori hanno identificato occhi primitivi e
organi sensibili alla luce in tutto il regno animale e hanno anche rintracciato
la storia evolutiva degli occhi grazie alla genetica comparativa. (Oggi sembra
che in varie famiglie di organismi gli occhi si siano evoluti in modo
indipendente.)
Gli odierni sostenitori del disegno intelligente sono più
sofisticati dei loro predecessori, ma i loro argomenti e gli obiettivi non sono
fondamentalmente diversi. Criticano l'evoluzione cercando di dimostrare che non
poteva spiegare la vita come noi la conosciamo e poi insistono sul fatto che
l'unica alternativa praticabile è che la vita sia stata progettata da
un'intelligenza non identificata.
15. Recenti scoperte dimostrano che anche a livello
microscopico, la vita ha una qualità di complessità che non avrebbe potuto
realizzarsi attraverso l'evoluzione.
"Complessità irriducibile" è il grido di battaglia
di Michael J. Behe della Lehigh University, autore di La scatola nera di
Darwin. La sfida biochimica all'evoluzione. Come esempio della famiglia di
complessità irriducibili, Behe sceglie la trappola per topi, una macchina che
non potrebbe funzionare se mancasse uno dei suoi pezzi e le cui parti non hanno
alcun valore se non come parti del tutto. Ciò che vale per la trappola per
topi, dice, è ancora più vero per il flagello batterico, un organello cellulare
a frusta usato per la propulsione che funziona come un motore fuoribordo. Le
proteine che costituiscono un flagello sono stranamente disposte come i
componenti del motore, un giunto universale e ad altre strutture simili a
quelle che potrebbe indicare un ingegnere umano. La probabilità che questa
intricata configurazione sorga attraverso una modificazione evolutiva - sostiene
Behe - è praticamente nulla e rivela il
disegno intelligente. E fa osservazioni analoghe per il meccanismo di
coagulazione del sangue e altri sistemi molecolari.
Ma i biologi evoluzionisti hanno risposte per queste
obiezioni. Innanzitutto, esistono flagelli con forme più semplici di quella
citata da Behe, quindi non è necessario che siano presenti tutti i componenti perché un flagello possa
funzionare. I sofisticati componenti di questo flagello hanno tutti precedenti
altrove in natura, come è stato descritto da Kenneth R. Miller della Brown
University e da altri. Infatti, l'intero complesso del flagello è estremamente
simile a un organello che Yersinia pestis, il batterio peste bubbonica, usa per
iniettare tossine nelle cellule.
Il punto chiave è che le strutture che compongono il
flagello, che secondo Behe non hanno alcun valore a prescindere dal loro ruolo
nella propulsione, possono avere molteplici funzioni che possono aver favorito
la loro evoluzione. L'evoluzione finale del flagello potrebbe allora aver
coinvolto solo una nuova ricombinazione di quelle sofisticate parti, che
inizialmente si erano evolute per altri scopi. Allo stesso modo, secondo gli
studi di Russell F. Doolittle dell'Università della California a San Diego, il
sistema di coagulazione del sangue sembra coinvolgere il cambiamento e
l'elaborazione di proteine che originariamente erano usate nella digestione.
Così, alcune delle complessità che Behe considera la prova di un disegno
intelligente, alla fine non sono irriducibili.
Una complessità di tipo diverso, la "complessità
specificata", è la pietra angolare degli argomenti avanzati da William A.
Dembski della Baylor University nei suoi libri The Design Inference e No Free
Lunch. Essenzialmente il suo argomento è che gli esseri viventi sono complessi
in un modo che processi casuali non orientati non potrebbero mai produrre.
L'unica conclusione logica, afferma Dembski, riecheggiando gli argomenti di
Paley di 200 anni fa, è che qualche intelligenza sovrumana abbia creato e
plasmato la vita.
L'argomento di Dembski contiene diverse lacune. E' sbagliato
insinuare che l'ambito delle possibili spiegazioni sia ristretto solo ai
processi casuali o al disegno intelligente. I ricercatori che studiano i
sistemi non lineari e gli automi cellulari al Santa Fe Institute e altrove
hanno dimostrato che semplici processi non orientati possono produrre modelli
straordinariamente complessi. Una parte della complessità osservata negli
organismi può pertanto emergere attraverso fenomeni naturali che comprendiamo
ancora a malapena. Ma questo è molto diverso dal dire che la complessità non
sarebbe sorta naturalmente.
"Scienza della creazione" è una contraddizione in
termini. Un elemento centrale della scienza moderna è il naturalismo
metodologico, che cerca di spiegare l'universo puramente in termini di
meccanismi naturali osservati o verificabili. Così, la fisica descrive il
nucleo atomico con concetti specifici che disciplinano la materia e l'energia,
e mette alla prova sperimentalmente quelle descrizioni. I fisici introducono
nuove particelle, come il quark, per rimpolpare le loro teorie solo quando i
dati mostrano che le descrizioni precedenti non possono spiegare adeguatamente
i fenomeni osservati. Le nuove particelle, inoltre, non hanno proprietà arbitrarie:
le loro definizioni sono strettamente limitate, in quanto le nuove particelle
devono rientrare nell'ambito del quadro esistente della fisica.
Al contrario, i teorici del disegno intelligente invocano
entità oscure che, molto comodamente, hanno qualsivoglia capacità necessaria
per risolvere il mistero che si ha di fronte, senza alcun vincolo. Invece di
ampliare l'indagine scientifica, risposte di questo tipo la eliminano. (Come si
fa a confutare l'esistenza di intelligenze onnipotenti?)
Il disegno intelligente offre poche risposte. Per esempio,
quando e come una simile intelligenza progettatrice intervenne nella storia
della vita? Creando il primo DNA? La prima cellula? Il primo essere umano? Sono
state progettate tutte le specie, o solo poche specie iniziali? I sostenitori
della teoria del disegno intelligente spesso rifiutano di essere messi alle
corde su questi punti. Non fanno nemmeno tentativi reali di conciliare le loro
disparate idee sul disegno intelligente. Procedono in un argomento per esclusione:
sminuiscono, cioè, le spiegazioni evolutive come inverosimili o incomplete e
quindi ne concludono che le uniche alternative che rimangono si basano sul
progetto intelligente.
Da un punto di vista logico, è un procedimento fuorviante:
anche se una spiegazione naturalistica è viziata, non significa che lo siano
tutte. Inoltre, ciò non rende più ragionevole
la teoria del disegno
intelligente. Chi ascolta è essenzialmente lasciato a riempire gli spazi vuoti
da sé, e qualcuno senza dubbio lo fa sostituendo le proprie credenze religiose
alle idee scientifiche.
Di volta in volta, la scienza ha dimostrato che il
naturalismo metodologico può far arretrare l'ignoranza e trovare risposte
sempre più dettagliate e informative su misteri che un tempo sembravano
impenetrabili: la natura della luce, le cause delle malattie, come funziona il
cervello. L'evoluzione sta facendo la stessa cosa con l'enigma del modo in cui
il mondo vivente ha preso forma. Il creazionismo, di qualsiasi forma, non
aggiunge nulla di intellettualmente valido a questo sforzo.
(La versione originale di questo articolo è apparsa il 17
giugno 2002 su scientificamerican.com.
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